Quality Growth
Specialisti negli investimenti azionari globali dal 1984.
Il 2022 è iniziato all’insegna della volatilità, ed è probabile che durante l’anno i mercati continuino ad arrancare. Lo spettro della recessione aleggia su vari Paesi, con le banche centrali intente a mettere in atto una stretta monetaria per arginare l’elevata inflazione.
I rialzi dei tassi d’interesse pesano sulle società a forte crescita e a elevata valutazione, ovvero quelle estremamente ottimistiche sul futuro ma con utili ridotti. Nell’ultimo decennio tali società hanno ottenuto risultati relativamente buoni a fronte di tassi d’interesse estremamente bassi e stimoli fiscali consistenti, ma l’impennata dell’inflazione ha messo fine a tali giorni.
Le previsioni sulla crescita globale sono state ridimensionate poiché gli economisti si sono resi conto che i loro rosei scenari di crescita costante nel 2022-23 non sono più realizzabili. Ad aprile l’FMI ha rivisto al ribasso la previsione sul PIL mondiale nel 2022 portandola al 3,6 per cento, ovvero lo 0,8 per cento in meno rispetto a tre mesi prima e l’1,3 per cento in meno rispetto a sei mesi fa.
Negli ultimi anni gli investitori hanno generalmente evitato le società quality e quality growth a favore di altri stili. Dapprima si sono riversati sulle strategie momentum growth dopo l’azzeramento dei tassi d’interesse nella primavera del 2020 e la rapida fine della recessione indotta dai lockdown, attribuendo alle società con utili scarsi o inesistenti valutazioni estremamente elevate dato il costo del denaro nullo, rendendo l’attualizzazione degli utili futuri un gioco da ragazzi. Quindi, nel 2021, si è verificata la «grande rotazione» dalle strategie growth a quelle value, poiché gli investitori hanno previsto un aumento degli utili delle società cicliche (tra cui energia e materiali), degli industriali e delle banche d’affari, decretandone un rialzo delle quotazioni.
Tornando a oggi, molte società value hanno perso slancio. Per colpa dell’inflazione, della recrudescenza del Covid-19 in Cina e di Vladimir Putin, investire in tale segmento è molto meno sicuro, anzi fa paura. A eccezione dei settori dell’energia e dei materiali, l’attrattiva dei titoli value sta venendo meno. Con l’aumento dei tassi e il rallentamento delle economie, le azioni di molti costruttori edili, società di ingegneria, produttori di automobili e banche d’affari hanno iniziato a sottoperformare il mercato, in quanto gli investitori temono un rallentamento della crescita.
Le banche statunitensi, ad esempio, devono fare i conti con tassi ipotecari doppi rispetto a 18 mesi fa (5,1 per cento circa a fine aprile), con conseguente riduzione della crescita dei prestiti nel settore immobiliare. Le attività di investment banking hanno subito un rallentamento a causa della volatilità dei mercati e dell’aumento dei tassi di interesse. Rendendosi conto della situazione, quindi, le banche hanno aumentato le riserve di credito in vista di tempi più difficili. Gli investitori, dal canto loro, vista la pressione sulle banche, i tassi d’interesse più elevati nonché le concomitanti previsioni di crescita più basse, hanno deciso che tale scenario non è positivo per i titoli bancari. Dopo aver raggiunto il picco a gennaio/febbraio, tali titoli sono ora in forte calo. Solitamente anticipano un ribasso dei tassi di interesse e, l’ultima volta che hanno raggiunto il picco nel 2018, i tassi hanno continuato a salire per otto mesi (Figura 1).
Gli ultimi baluardi nel segmento value sono i settori dell’energia e dei materiali, ma i prezzi delle materie prime presentano effetti a catena, quindi la produzione è destinata ad aumentare negli Stati Uniti, in Canada e nei Paesi OPEC finché i prezzi del petrolio rimarranno elevati. L’idea diffusa che «per contrastare prezzi energetici elevati servano prezzi energetici elevati» dovrebbe prendere piede, riducendo il prezzo del petrolio e del gas, e quindi le valutazioni delle società energetiche. I materiali sono un gruppo eterogeneo: alcuni metalli/minerali sensibili all’andamento economico potrebbero decisamente risentirne, mentre altri che riforniscono i settori del nucleare e dei veicoli elettrici potrebbero andare relativamente bene. Nel medio e lungo termine, tuttavia, le materie prime sono cicliche e dovrebbero, quindi, evidenziare un calo dei prezzi quando l’offerta supererà la domanda.
Proprio come al termine di una lunga serata di bagordi, dopo il crollo delle società momentum growth e value, l'ultimo superstite è l’astemio, ossia il segmento quality growth. Tale universo è composto da società in grado di fornire una crescita costante degli utili e di generare margini operativi elevati grazie ai vantaggi economici di cui godono. Sono imprese in grado di aumentare i prezzi nei periodi inflazionistici, che presentano livelli di indebitamento relativamente bassi e possono resistere più facilmente al rialzo dei tassi di interesse. Probabilmente i loro CEO esprimeranno commenti positivi sulle prospettive aziendali attuali e future. In breve, riteniamo che chi investe in queste società possa dormire sonni relativamente tranquilli.
Il settore dei beni di consumo di base, formato storicamente da titoli di alta qualità e crescita affidabile, ha iniziato a pubblicare le trimestrali ad aprile. Nestle, Procter & Gamble e Heineken hanno annunciato un aumento dei prezzi di circa il 5 per cento; un lusso che solo le società di qualità possono permettersi per proteggere i loro margini di profitto. Gli investitori le premiano acquistando le loro azioni nei periodi inflazionistici, come accaduto alla fine degli anni ’70 quando l’inflazione affliggeva le economie.
Con l’inflazione in forte aumento e i tassi d’interesse in rapido rialzo da livelli estremamente bassi, siamo entrati in una nuova fase, che dovrebbe avvantaggiare il segmento quality growth, composto da società con margini elevati, potere di determinazione dei prezzi, bassi livelli di indebitamento e utili costanti. Saranno anche lente, ma queste società dimostrano una grande perseveranza nella corsa alla sovraperformance.
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